martedì 24 marzo 2015

Non è un videogame



Mi sono chiesto più volte in questi giorni nei quali si sente parlare molto sui telegiornali dei "foreign fighters", ovvero di cittadini occidentali che vanno a combattere in Siria nel nome di Allah, quali siano i motivi o le ragioni che spingono questi giovani ad abbandonare gli agi della vita in un paese occidentale per catapultarsi in una realtà drammatica dove impera la guerra e il terrore. Che cosa spinge un giovane inglese o francese o italiano, che vive nell'epoca dell'iPhone e di Messi, ad abbandonare tutto, la famiglia, i genitori e magari la ragazza per imbracciare un kalashnikov e seminare la morte contro coloro che non la pensano come lui? Io credo che la risposta vada trovata all'interno della nostra stessa incancrenita società. Oggi i giovani non hanno più valori, se non quelli di portare i pantaloni con il cavallo basso e le mutande di marca bene in vista oppure di mettere delle inguardabili scarpe da ginnastica senza lacci. C'è una povertà di ideali che è disarmante e la colpa è anche o forse soprattutto dei genitori che non hanno mai tempo per seguire i loro figli e che quando si accorgono che hanno intrapreso una strada sbagliata è irrimediabilmente troppo tardi. Ma io mi chiedo come si possa diventare jihadista, quindi cultore dell'Islam, quindi cultore di una ben precisa religione, quando  questi ragazzi sono sicuro non hanno mai frequentato luoghi di culto e professato le loro religioni originarie. Che cosa ha di particolare la Jihad tanto da attirare dei giovani a combattere nel suo nome quando probabilmente questi stessi eroi non conoscono la differenza tra un libro di cucina ed il Corano. La risposta va trovata nella ricerca delle emozioni e dell'adrenalina. Questi ragazzi ammuffiti che passano il loro tempo al bar o a cazzeggiare in qualche centro commerciale, hanno bisogno di emozioni, ma di emozioni forti che neanche più le pasticche o la cocaina sono in grado di soddisfare. E allora partono, partono con il preciso intento di uccidere altri esseri umani, magari sgozzandoli, la più stratosferica delle emozioni. E non importa se lo fanno in nome di Allah, o di Budda o di Krishna: l'importante è farlo. E questo li fa sentire forti, invincibili, vivi ma pronti a morire, un'altra emozione fortissima.
Sono i nuovi mercenari, ma non al soldo di qualcuno. A loro basta vivere in prima persona uno dei tanti giochi di guerra imparati alla play station.
Non sono più ragazzi svaccati sul divano a guardare stronzate alla televisione, dei quali non gliene frega un cazzo a nessuno. Loro ora sono i "foreign fighters".

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